venerdì 17 ottobre 2008

17 ottobre


17 ottobre, mezzanotte e venti al Morro De Sao Paulo, isoletta tropicale a 60 miglia da Salvador De Bahia.
Ci eravamo lasciati sulle note distorte della situazione italiana e della sensazione che si ha da quaggiù…
Sarà che in queste ultime settimane io e Giancarla, divenuti ormai parte di questa comunità brasiliana, volenti o nolenti ci siamo trovati a fare i conti con la nuova vita e con i suoi effetti su di noi.
E prendersela con l’Italia, obiettivamente, è più facile….!
Ma un grande poeta, Pablo Neruda, diceva che “l’importante non è nascere, ma rinascere!”
Ecco, qui abbiamo la fortuna di poterci permettere di rinascere ogni giorno, decidendo di essere, magari, differenti rispetto al giorno prima!
Di trovare un pretesto per coltivare una qualche parte migliore di noi stessi!
E su questo ci fa sponda il flusso di personaggi che si affacciano alla nostra locanda assolata!
Oggi, ad esempio, nonostante una guida ubriacona ci abbia fatto scappare una coppia di norvegesi che aveva pure prenotato, la nostra vita lavorativa ed anche sociale si è arricchita di un insegnante di Yoga cinquantenne, di Washington D.C. (come dice lui);
di una trentacinquenne biondina inglese che tempesta di domande Giancarla, costringendola a sforzi immani di improvvisazione anglofona/anglofoba;
di un paffuto e sorridente giovanotto brasiliano (credo “Paulista”…) in ferie!
Con loro due esili ragazzette argentine, in giro con lo zaino in spalla.
Domani chissà!?
Un buon materiale umano su cui curiosare, scambiandosi impressioni e sparando ipotesi circa i nostri sorridenti visitatori.
E’ un sensazione strana e finanche struggente quella di conoscere delle persone differentissime da te, abituarti alla loro quotidiana presenza e poi sentirti dire che da li a poco fanno il check out, e insomma ripartono; ti ridanno le chiavi, gli asciugamani, e chissà quando e se ci si rivede!
Non capita tutti i giorni ma spesso! Ed è una emozione grande, ogni volta.
E poi ci sono le persone care che ti vengono a trovare, come mamma Elmuccia, appena ripartita alla volta di casa dopo una breve ma intensa permanenza presso i nostri confortevoli alloggi.
Credo che il posto le sia piaciuto e che ora comprenda appieno la nostra felicità,
certo è che il Morro non ha dato proprio il meglio di sé, in questi 10 giorni….
Troppi imprevisti e grigie piogge hanno offuscato le virtù di questo remoto avamposto…..
non abbastanza, per fortuna, da impedire di apprezzarne la vera natura che tanto lo rende speciale.
Paradossalmente, anzi, quanti vi trascorrono una permanenza segnata dal maltempo e da alcune disavventure son proprio coloro che, in una forma o in un’altra, più ne serbano l’affetto.
Noi, comunque, aspettiamo domani per un altro giorno di sole e di lavoro;
e per chiudere la giornata con l’ultimo allenamento settimanale di capoeira….!!!
E poi c’è la notte dell’isola che pure non ci vede spesso protagonisti…
ma che stavolta, magari…..!
Vabbè,
comunque sia si è fatta l’ora di riabbracciare il letto e Giancarla che vi è sprofondata.
Sospinti dall’eco lontana dei canti e delle danze che si susseguiranno fino alla mattina e che, dalla spiaggia ove si tengono, giungono fino alle nostre parti, vi stringiamo in un caldo abbraccio tropicale e, a quanti ne avranno piacere, mandiamo il nostro affettuoso invito a quando vorranno volgere un pensiero a noi ed a questi luoghi.
Buonanotte,
E.

P.s.: benvenuto Filippo!

domenica 12 ottobre 2008

Un po’ di sana meditazione……..!


Tempi duri, almeno dalle parti di casa…
E se qui non scriviamo molto è perché abbiamo tante cose da fare e poco tempo, ma anche perché ti passa la voglia di raccontare alle persone a cui vuoi bene che qui si sta da dio, che tutto va alla grande, etc… mentre in Italia si sprofonda in una crisi (prima di tutto culturale ed emotiva) senza precedenti…
Qui nulla è facile, sia ben chiaro!
In questo piccolo paradiso abbiamo comunque iniziato a fare un lavoro totalmente nuovo, in una lingua che non conosciamo, lottando con una concorrenza spietata da parte di persone che invece sono da tempo inseritissime nel mercato turistico, circondati di altri che, per il solo fatto di essere europei, ci considerano come galline dalle uova d’oro a cui cercare di spillare il possibile…
Insomma non è una passeggiata e vivendo di turismo (brasiliano ma soprattutto europeo e statunitense) anche noi soffriamo le contrazioni economiche che si stanno verificando a livello mondiale, da cui, peraltro, questo paese è tutt’altro che immune.
Il punto è che ce ne siamo andati già consci di tutto ciò, ma ancor più spaventati dalla prospettiva di restare in un paese, l’Italia, affetto da una depressione dilagante, a nostro avviso generata dal senso di impotenza che oramai affligge la maggior parte delle teste pensanti di nostra conoscenza.
Perché, è la nostra sensazione, a differenza di quanto accade in molti altri paesi europei e non solo, il distacco tra la vita ed i bisogni reali dei nostri consimili, rispetto a quanto ci raccontano ed alle decisioni che vengono assunte in nostro nome, è divenuto abissale!
Anche se forse è stato sempre così, mai come oggi sentiamo di non essere rappresentati da NESSUNO, abbiamo la certezza che chi ci comanda, a tutti i livelli, non fa i nostri interessi e non si preoccupa del benessere della comunità, ma risponde unicamente a finalità di conservazione dell’una o dell’altra casta di riferimento.
Questa infezione, che scardina le difese immunitarie di qualsiasi congiunto sociale, è endemica: la capacità di arruolare nuove leve, tra quanti fino a ieri dicevano di non tollerare questo stato di cose, è tale da aver consentito che questo orrore sia penetrato in ogni anfratto della moderna esistenza.
la garanzia (che poi il più delle volte è semplicemente una illusione) riguardo al fatto che il tutelare gli interessi della propria parrocchietta con i metodi più disonesti, possa perpetuare situazioni di vantaggio e privilegio nei confronti della massa,
ha determinato una frattura enorme tra chi vive (o vorrebbe vivere) una vita normale fatta di lavoro, famiglia, giusti sacrifici e meritati riposi, e quanti, invece, svenderebbero la madre ai beduini, figurarsi i propri principi, pur di continuare a far parte di quella collettività ristretta la cui esistenza, perpetrata per mezzo dell’omertà, della cooptazione, della corruzione, consente a costoro di vivere al di sopra di quanto impegno e capacità effettive gli permetterebbero.
Tutto questo lo sapevamo: che l’Italia non sia mai riuscita a staccarsi da una mentalità feudale dove il ruolo del signorotto è ricoperto, a seconda dei casi, dalla mezza tacca calatasi in politica, dall’uomo d’ordine, dal prelato affarista,
non è una novità.
Ma allora ci si chiede come mai questa mentalità mafiosa sia penetrata tanto a fondo che, oramai, anche quando andiamo ad una riunione di condominio abbiamo la sensazione che di quindici presenti, ce ne siano sempre tre o quattro che la sanno lunga e che, in un modo o nell’altro faranno ricadere sugli altri gli oneri svaligiando questo semplice quanto inevitabile consesso di eventuali onori.
Ai sociologi ed agli storici una risposta che abbia la pretesa di spiegare compiutamente l’accaduto; agli indovini l’azzardo di indicare a cosa tutto questo ci porterà!
Ma la sensazione è che, in principio, abbiano fatto di tutto per distrarci, per convincerci che l’importante, per vivere bene, fosse avere, possedere, utilizzare e potersi permettere di gettare;
una volta, poi, che questa forma di raggiro è entrata nelle nostre menti, mediante una apparente distribuzione di benessere che assolutamente non ci potevamo permettere,
si è arrivati al punto in cui è chiaro a tutti come questo psicofarmaco collettivo, che ci ha confinati laddove non si riesce più ad intravedere ciò che realmente desideriamo e che è nostro diritto ottenere (cioè il bene COMUNE), non può essere somministrato oltre:
soprattutto perché da stato predatore siamo oramai divenuti stato quotidianamente depredato.
Ed allora entra in gioco la PAURA:
fare paura a tutti perché, portandoci a pensare che il nostro vicino, che chi non fa parte del nostro stesso gruppo di interessi, che il diverso rappresenti il pericolo da rifuggire, ci privano della nostra unica speranza.
Spezzando il sottile filo della solidarietà, precludendo alle genti il privilegio di poter ascoltare chi ha già imparato la lezione o, più spesso, possiede ancora una semplicità ed una purezza che gli fa rigettare questa isteria collettiva,
contribuisce al protrarsi dei privilegi appannaggio delle categorie che questa PAURA contribuiscono ad alimentare e diffondere.
E a nostro modesto avviso gli untori non sono solo quanti, in barba a nostro diritto di sapere ed essere informati, detengono il controllo dell’istruzione o della propaganda;
il danno forse più grave è operato da parte di quanti (tanti) perpetuano questi metodi al fine di conservare un piccolo, minuscolo vantaggio rispetto ai propri consimili, avvelenano i pozzi con comportamenti siffatti, facendo finta di non sapere che il costo del bicchiere d’acqua fraudolentemente estratto comporta il progressivo pregiudizio della falda che, domani, avrebbe dovuto dissetare tutti, avvelenatore incluso.
Ma la paura è tale che il singolo uomo, cui sia data l’opportunità di saltare la fila, di sottrarre la propria spalla al peso del giogo collettivo, non se ne cura, tanto è assillato dall’ansia di dover rinunciare, lui e di suoi cari, a qualcuno degli ammennicoli e delle tante stupidaggini il cui possesso lo illude di poter riempire vuoti molto più ampi.
Forse la nostra più grande fortuna, in questo momento, non è quella di vivere su di una bella spiaggia, di vedere la pousada che lavora bene, di frequentare gente allegra e spensierata in quanto in vacanza: la nostra più grande fortuna è quella di aver ritrovato la fiducia, di aver avuto la prova che, con tutte le difficoltà del caso (che,lo ripetiamo, non sono né poche né da poco), dandosi da fare e, quali che siano i quotidiani segni di senso contrario, riponendo fiducia nel proprio prossimo, si può riacquistare la serenità e scacciare la paura.
Basta guardare alle cose per come le sentiamo: e allora apparirà evidente che spesso chi ha più di noi (e magari lo ha ottenuto in maniera fraudolenta) vive nel terrore che ciò gli venga a propria volta sottratto; che il rinunciare a sedere ad un qualche tavolo ci consente di andare a letto sereni; che chi, invece, calpesta gli altri pur di soddisfare questa ansia di fuga dalla propria misera realtà, non sta meglio e non va invidiato, ha semplicemente rinnovato la propria polizza di fedeltà all’essere infelice e solo.
Quando ne saremo capaci sapremo anche sbugiardare i nostri quotidiani sopraffattori, con poche parole e con le convinzioni della nostra serenità urleremo che il re è nudo e che chi, con questo comportamento stupido oltre che inutile, scava la fossa in cui oggi sprofonda la collettività, merita unicamente la nostra indignazione ed il discredito sociale che ne deriva, unico vero deterrente al compimento di qualsiasi nefandezza, di valenza penale come etica.
Resistete e unitevi,
non ascoltate le sciocchezze con cui ci bombarda la propaganda e, soprattutto,
non abbiate paura:
fareste il loro gioco.
Un abbraccio a tutti,
in particolar modo a quanti,
per colpa di questo meccanismo bastardo e sanguisuga,
si vedono privati del proprio lavoro o vedono salire il prezzo del loro mutuo;
a quanti, come la nostra cara amica Lindaura ed i suoi figli, rischiano di pagare il prezzo di questo terrore collettivo a causa del color ebano della propria pelle;
a quanti, come i nostri amici vicentini Andrea e Sabrina, viene negata a suon di manganellate la possibilità di decidere sul futuro della propria comunità o anche solo di esprimere una opinione al riguardo.
Non abbiate paura.
E.